Le locazioni al tempo del Coronavirus
L’emergenza epidemiologica ha inevitabilmente prodotto i propri effetti anche sui rapporti locatizi commerciali in ragione della chiusura della maggior parte degli esercizi e della sospensione di tutte le attività produttive. Si è discusso molto circa l’invocabilità dell’impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore ex art. 1256 c.c. o dell’eccessiva onerosità della prestazione del pagamento del canone di locazione ex art.1467 c.c. Ai sensi dell’art. 1256 c.c., affinché possa configurarsi un’impossibilità a svolgere la prestazione è necessario che questa sia oggettiva (da intendersi come causa estranea al debitore ed ai rischi della sua attività), sopravvenuta ed imprevedibile, inevitabile. Tra le cause invocabili quali determinanti l’impossibilità sopravvenuta rientrano anche gli ordini o i divieti sopravvenuti dell’autorità amministrativa che rendano impossibile la prestazione, indipendentemente dalla volontà e dal comportamento dell’obbligato. Il secondo comma dell’art. 1256 c.c., poi, disciplina l’ipotesi dell’impossibilità sopravvenuta temporanea tale da escludere la responsabilità del debitore per il ritardo nell’adempimento: in tale caso, però, cessata l’impossibilità il debitore deve eseguire la prestazione. Dall’impossibilità sopravvenuta va distinta l’eccessiva onerosità sopravvenuta disciplinata dall’art. 1467 c.c., che si realizza nel caso in cui un evento straordinario e imprevedibile, estraneo alla normale alea del contratto, rende l’esecuzione della prestazione non impossibile ma eccessivamente onerosa rispetto a quanto si era previsto prima del verificarsi dell’evento. È bene precisare, però, che sia per l’impossibilità ex art. 1256 c.c. sia l’eccessiva onerosità ex art. 1467 c.c. devono essere oggettive non essendo sufficiente addurre la mera difficoltà economica in cui versa la parte tenuta all’adempimento; a ciò si aggiunge che la situazione sopravvenuta deve rivestire il carattere della definitività.
Fermo il quadro giuridico innanzi delineato, gli artt. 1256 c.c. e 1467 c.c. sono applicabili alle locazioni commerciali nel contesto dell’emergenza Coronavirus? Quali sono concretamente gli strumenti a disposizione del conduttore in questo periodo di difficoltà economica?
È pacifico che al conduttore non è consentito di astenersi dal pagamento del canone locatizio o di ridurlo nel caso in cui si verifichi una diminuzione del godimento del bene. L’art. 1575 c.c. impone al locatore di garantire il pacifico godimento dell’immobile durante il periodo della locazione nel senso di impedire che lo stesso possa essere pregiudicato da molestie di terzi (art. 1585 c.c.) o da pretese di terzi che ritengano di aver acquistato diritti sulla cosa locata (art. 1586 c.c.). È evidente, quindi, che l’impossibilità di utilizzo dell’immobile per causa di forza maggiore o per ordine dell’autorità non potrebbe essere addebitata a colpa del locatore poiché, in questi casi, l’impossibilità per il conduttore di esercitare l’attività di impresa non dipende dalle caratteristiche dell’immobile locato. Resta da capire se il periodo di sospensione emergenziale dovuto al Coronavirus sia tale da giustificare l’applicazione, in presenza dei necessari presupposti, di una delle ipotesi di cui agli artt. 1256 c.c. o1467 c.c. La risposta non è pacifica soprattutto se si considera che l’art 65 del Decreto Cura-Italia prevede a favore del conduttore un credito di imposta per l’anno 2020 pari al 60% del canone di locazione relativo al mese di marzo 2020 per l’affitto degli immobili rientranti nella categoria catastale C/1 (botteghe e negozi), presupponendo, così, l’insussistenza di qualsivoglia diritto alla sospensione o riduzione del canone locatizio. Con la Circolare n. 8/E del 3 aprile 2020 l’Agenzia delle Entrate si è espressa sul punto affermando che “l’agevolazione in esame ha la finalità di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica nei confronti dei soggetti esercitanti attività d’impresa nell’ambito della quale risulta condotto in locazione un immobile in categoria catastale C/1. Ancorché la disposizione si riferisca genericamente al 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione, la stessa ha la finalità di ristorare il soggetto dal costo sostenuto costituito dal predetto canone, sicché in coerenza con tale finalità il predetto credito maturerà a seguito dell’avvenuto pagamento del canone medesimo”. Quindi, alcuna sospensione dei canoni è prevista; al contrario, viene confermata l’obbligatorietà del pagamento con possibilità di fruire del credito di imposta pari al 60% del canone corrisposto. È evidente, quindi, che in mancanza di situazioni che rendano la prestazione oggettivamente impossibile, totalmente o parzialmente, il debitore è tenuto all’esatto adempimento dell’obbligazione contrattuale, esponendosi, in caso contrario, alla legittima richiesta di risarcimento dei danni subiti dalla controparte.
Il consiglio dell’Avvocato
Non è agevole stabilire se le misure adottate per fronteggiare l’emergenza Coronavirus possano costituire valida causa di impossibilità o di sopravvenuta onerosità delle prestazioni contrattuali assunte. Sicuramente gli effetti del periodo di sospensione delle attività commerciali sui contratti di locazione dovranno essere esaminati caso per caso tenendo conto, insieme ad un legale di fiducia, di una molteplicità di fattori in modo da valutare l’opportunità o meno di applicare le norme succitate. In ogni caso la soluzione preferibile, ove praticabile, è quella di rinegoziare le condizioni contrattuali originariamente fissate alla luce della difficile situazione in cui entrambe le parti (conduttore e locatore) versano.