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NewsL’istanza di accesso tra la L. n. 241/90 ed il D.Lgs. n. 33/2013

30 Aprile 20200

L’istanza di accesso tra la L. n. 241/90 ed il D.Lgs. n. 33/2013

La recente sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n° 10 del 4 aprile 2020 è destinata a fare storia nel panorama giurisprudenziale formatosi sul tema del diritto di accesso.

Si tratta di una sentenza “corposa” dal punto di vista dei principi di diritto con la stessa enunciati tale da poter essere considerata come una vera e propria guida per orientarsi tra il cd. accesso documentale di cui alla Legge n. 241/90 ed il cd accesso civico generalizzato di cui al D.Lgs. n. 33/2013, così come riformato con il D.Lgs. n. 97/2016.

Il primo principio di diritto affermato dall’Adunanza Plenaria è il seguente:

“La pubblica amministrazione ha il potere-dovere di esaminare l’istanza di accesso agli atti e ai documenti pubblici, formulata in modo generico o cumulativo dal richiedente senza riferimento ad una specifica disciplina, anche alla stregua della disciplina dell’accesso civico generalizzato, a meno che l’interessato non abbia inteso fare esclusivo, inequivocabile, riferimento alla disciplina dell’accesso documentale, nel qual caso essa dovrà esaminare l’istanza solo con specifico riferimento ai profili della l. n. 241 del 1990, senza che il giudice amministrativo, adìto ai sensi dell’art. 116 c.p.a., possa mutare il titolo dell’accesso, definito dall’originaria istanza e dal conseguente diniego adottato dalla pubblica amministrazione all’esito del procedimento”

Presupposto fondamentale di tale enunciazione è l’art. 5, comma 11, D.Lgs. n. 33/2013 che ammette chiaramente il concorso tra le diverse forme di accesso anche uno actu.

La conseguenza è che, a fronte di un’istanza che non fa riferimento in modo specifico ad alcuna delle due tipologie di accesso, la P.A. ha il dovere di esaminare la sussistenza dei presupposti normativamente previsti per entrambe, sempreché, ovviamente, siano stati rappresentati nell’istanza.

Solo ove l’istante abbia inteso in modo inequivoco limitare la propria pretesa ostensiva ad uno specifico profilo, documentale o civico, la P.A. dovrà limitarsi ad esaminare quello.

È evidente, quindi, che gioca un ruolo fondamentale nella qualificazione e nel conseguente esame dell’istanza di accesso la volontà manifestata dal richiedente.

Sul punto, però, non può non farsi notare che se per l’accesso documentale di cui alla L. n. 241/90 è richiesta la sussistenza di un interesse diretto, concreto ed attuale (cd. interesse qualificato), per l’accesso civico generalizzato di cui al D.Lgs. n. 33/2013 non è richiesta alcuna specifica motivazione.

E allora: in presenza di un’istanza di accesso motivata male o in modo ambiguo quale sarà la normativa da applicare?

Dalla sentenza in commento pare emergere un’applicazione preferenziale per l’accesso civico generalizzato anche alla luce della Circolare del Ministro per la Pubblica Amministrazione e Semplificazione n. 2 del 6 giugno 2017 con la quale, al punto 2.2, è stato chiarito che “dato che l’istituto dell’accesso civico generalizzato assicura una più ampia tutela all’interesse conoscitivo, qualora non sia specificato un diverso titolo giuridico della domanda (ad es. procedimentale, ambientale ecc.) la stessa dovrà essere trattata dall’amministrazione come richiesta di accesso generalizzata”.

Seppur a primo acchito tale “semplificazione” potrebbe apparire salvifica dell’interesse all’ostensione documentale, nei fatti non sempre è così.

Ciò vale soprattutto nelle ipotesi in cui l’accesso viene richiesto per “curare o difendere i propri interessi giuridici”.

Ed infatti, sebbene con il cd. accesso civico generalizzato la conoscibilità generalizzata degli atti sia ormai divenuta la regola, suscettibile di temperamento solo in presenza di specifiche eccezioni poste a tutela di interessi che possono essere lesi dalla “rilevazione” di determinate “informazioni”, nella comparazione tra tale modello procedimentale e l’accesso documentale finalizzato a difendere i propri interessi giuridici è quest’ultimo ad avere una portata più ampia.

L’art. 24, comma 7, L. n. 241/90, infatti, prevede espressamente che “Deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall’articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”.

Vi sono, quindi, ipotesi residuali in cui è possibile, ove titolari di una situazione giuridica qualificata, accedere ad atti e documenti per i quali è invece negato l’accesso generalizzato.

La conclusione è che l’accesso di cui alla L. n. 241/90 può consentire un accesso più in profondità a differenza dell’accesso generalizzato ove le esigenze di controllo diffuso del cittadino impongono un accesso più esteso ma meno in profondità.

Il consiglio dell’Avvocato

PER I PRIVATI

È fondamentale evitare di rimettere alla P.A. l’attività di qualificazione dell’istanza onde evitare di ricevere un diniego e di doverlo impugnare innanzi al T.A.R. competente.

Una volta chiarito, anche con l’ausilio del proprio legale, lo scopo per il quale si intende presentare istanza di accesso, sarà possibile strutturare quest’ultima in modo alternativo, cumulativo o condizionato ed attivare così entrambi i modelli procedimentali in modo da ampliare il raggio delle possibilità di accoglimento.

Nel caso, invece, di utilizzo di moduli preconfezionati dall’Ufficio di riferimento, si precisa che normalmente tali moduli sono formulati con specifico richiamo al solo art. 22 L. n. 241/90; di conseguenza, qualora si volesse avviare il diverso procedimento dell’accesso civico generalizzato, si consiglia di precisare nella domanda che l’accesso avviene in qualità di “cittadino”.

 

PER LE P.A.

È fondamentale non limitarsi al dato testuale ma ricercare, in applicazione del criterio sostanzialistico, la reale volontà del richiedente considerato anche che la presenza nell’istanza di accesso di espresse indicazioni normative non vincola la P.A. nell’esaminare l’istanza secondo quello specifico modello procedimentale.

È consigliabile, in presenza di dubbi interpretativi, aprire una fase di interlocuzione con l’istante al fine di consentirgli di precisare la sua reale esigenza conoscitiva e, quindi, di evitare un’errata qualificazione dell’istanza che potrebbe condurre all’apertura di un contenzioso innanzi al T.A.R. territorialmente competente.

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